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Talk: A forza di essere LIBERA. Reading per chitarra e voce tratto dal libro “Mia sorella è figlia unica”

Talk: A forza di essere LIBERA. Reading per chitarra e voce tratto dal libro “Mia sorella è figlia unica”

Cosa accomuna una ragazza di periferia con figlio al seguito, incastrata in un matrimonio violento, a una ragazza che viene uccisa in metropolitana a Teheran perché non indossa il velo? O a una mamma che vive in auto pur di accompagnare la figlia dall’altra parte del Paese a fare i provini che la porteranno al riscatto sociale? Per non parlare delle due sorelle atlete professioniste, che riescono a sfuggire alle bombe solo perché fanno lo sforzo di stare in apnea sott’acqua per 120 secondi, nella piscina bombardata durante il loro allenamento? E che subìscono, poi, viaggi della speranza su gommoni precari, rimandate indietro, rispedite alla ventura, ma che decidono di non arrendersi e di non restare a Damasco a morire?

Tutte queste, e molte altre, sono storie di donne narrate da Cecilia Lavatore, scrittrice concisa e coinvolgente, e da Marta La Noce, cantautrice radiosa ed energica. Si sono esibite il 10 luglio varcando la foresta di Sherwood nello stand della radio con il loro spettacolo LIBERA!. In questo reading che abbina poetry slam, chitarra acustica e voce, le due artiste hanno saputo trasmettere, ognuna con la propria arte, tutta la potenza del messaggio che stanno portando avanti da mesi su vari palcoscenici d’Italia. Timbro caldo e possente, ottima tecnica vocale e capacità di espressione accomunano Cecilia Lavatore e Marta La Noce, nel loro raccontare storie, realmente accadute, di donne. Donne che sono state capaci di far fronte alle avversità nelle quali si sono trovate.

Ci sono avversità che portano gli esseri umani che le incontrano a esser meno privilegiati di altri. Pregiudizi etnici o culturali. Colore della pelle. Status socio-economico. Stato di salute. Ma se questi esseri umani sono anche donne, viene aggiunto un ulteriore livello di complessità. Contrariamente alla tesi di chi, tra il pubblico, ha commentato minimizzando la situazione: “Ah, i soliti discorsi contro gli uomini!”, o ancora: “Ci dipingono così, non siamo tutti uguali”. Nessuno si sta scagliando contro gli uomini in quanto uomini. Nessuno sta dipingendo le donne come sante e gli uomini come carnefici. Ma la realtà dei fatti è che, quando si vive la povertà, la discriminazione basata su pregiudizi, la precarietà, la guerra, tutto diventa ancor più complicato se ci si mette di mezzo una gravidanza, le botte da parte del partner, o il doversi farsi carico, da sola, della prole. O il rischiare uno stupro. O il doversi coprire i capelli obbligatoriamente, pena la morte. A tali commentatori bisognerebbe chiedere se a un maschio sia mai stato imposto di coprirsi i capelli, per non venire picchiato o ucciso.

L’intento di Cecilia Lavatore è stato, invece, il dipingere uno spaccato di realtà, fatto di molte situazioni che, chi nega esistano, deve soltanto ringraziare perché semplicemente non ha avuto la sfortuna di trovarcisi in mezzo. E il fatto di sensibilizzare una società privilegiata come la nostra su ciò che avviene dall’altra parte del mondo, o anche tra quattro mura di una casa di una città vicina, non è una critica agli uomini. È invece una critica all’ignoranza, all’ottusità di chi non vuol vedere che la società è complessa e sono molti i modi di prevaricare sugli altri e generare ineguaglianze e sofferenza. E chi riesce a riscattarsi, deve fare i conti con il pregiudizio e la minimizzazione degli ostacoli a cui ha fatto fronte. In questo senso, la sensibilizzazione di Cecilia Lavatore aggiunge un’altra goccia di consapevolezza a questa società cresciuta nel benessere e dimentica di come vivevano, per esempio, i nostri nonni. Tra un monologo e l’altro, a stimolare la riflessione, è intervenuta la chitarra acustica energicamente suonata da La Noce, che assieme al suo timbro fresco dall’ampio range vocale, ha saputo addolcire l’amarezza dei commenti e apportare una ventata di aria fresca nell’afa di un tardo pomeriggio a Sherwood. Dimostrando che sì, anche una donna può cantare Johnny Cash. Oltre alle canzoni da lei stessa scritte, presentate con umiltà e suonate con grinta. E il tempo è volato, tra le storie di esistenze umane originali e disubbidienti, e l’energia strepitosa della voce di La Noce. La pelle d’oca è sopraggiunta con la riflessione di Lavatore: “perché alle donne viene detto: “parli troppo” quando parlano ed esprimono le proprie idee?”.

Questa e altre riflessioni si susseguono anche nelle pagine del libro da lei scritto, a cui questo spettacolo attinge: Mia sorella è figlia unica, titolo che omaggia la celebre canzone di Rino Gaetano (che racconta di un fratello, straordinario nella sua ordinarietà). La ripresa del titolo al femminile è volta a gettare uno scorcio sulle storie di altre donne, oltre a quelle raccontate nello spettacolo. Vite di donne ordinarie, che nella loro ordinarietà sono sovvertitrici di schemi imposti dalle società ingiuste nelle quali la sorte le ha fatte nascere. E per rispondere al discorso dei detrattori: non in quanto donne, ma in quanto persone a cui la società impone difficoltà maggiori, etichettandole e rinchiudendole in ruoli predefiniti e pretese ingiuste. E come dice Cecilia: se davvero volete appiccicarmi etichette addosso, ce n’è solo una che posso indossare: LIBERA.