Martedì 25 giugno 2024, con Giorgia Gabbolini, autrice del libro Joice Lussu una donna e la libertà, edito da Cronache Ribelli, all’interno della cornice dello Sherwood Festival e del progetto Librattiva, si è provveduto a presentare questo libro di indubbio e notevole interesse politico.
Tale libro è frutto di un processo collettivo che porta il nome di Giorgia Gabbolini, ma che è un melting pot creatosi insieme al Centro studi Joice Lussu e alla casa editrice Cronache Ribelli, casa che non cede a nessun ricatto editoriale e che fa delle sue idee e passioni una mission politica.
Antifascista, esule, falsaria, partigiana, scrittrice, poetessa, traduttrice, viaggiatrice, femminista, terzomondista. Joyce Lussu è stata tutto questo e molto di più. La sua incredibile, emozionante, straordinaria esistenza, così come la sua variegata ed eccezionale produzione letteraria, meritano di essere raccontate e conosciute. I suoi ideali e le sue lotte devono essere ricordati, affinché continuino ad oltrepassare confini e vivano ancora nelle nuove generazioni.
Joyce Lussu sin dall’inizio è risultata essere una donna che va contro gli stereotipi di genere, che quando si ritrova a confrontarsi con gli altri antifascisti uomini, prova ribrezzo e fastidio nel momento in cui la rilegano a dei compiti considerati esclusivamente “da donna”.
Bisogna specificare che sulla figura di J.L. c’è più memoria scritta che orale. Era una donna sì femminista ma anche – per così dire – antifemminista, nel senso che era un personaggio scomodo in molti, troppi, contesti.
Martina Lepore, di Radio Sherwood, chiede quindi a Giorgia Gabbolini di iniziare a parlare della sua figura sotto questo punto di vista, chiedendo anche quali sono state le azioni sovversive che J.L. ha compiuto per autodeterminarsi come donna libera dagli stereotipi.
J.L. ha compiuto tante azioni che erano fuori dalla concezione dell’anti-stereotipo, perché la sua educazione – essendo cresciuta in una famiglia di stampo progressista – non aveva conosciuto le differenze di genere.
L’unica cosa che J.L. voleva, stava nell’abbattere il potere in qualsiasi forma. Non dovevano dunque esistere né colonizzatori né colonizzati, anche nella dinamica di uomo vs donna, sebbene in un contesto di “Guerra e Resistenza”.
Martina Lepore conduce di poi il dibattito su una lettura, richiamando un pensiero di Joyce su Emilio Lussu: “Gli piaceva la mia compagnia perché facevamo le stesse cose; se fossi rimasta in casa ad aspettarlo, l’avrei annoiato. Nella sua ideologia vi era una componente anticolonialista (…). Rifiutando ogni colonialismo esterno e interno alla società, rifiutava anche il più antico e stabilizzato dei colonialismi, quello degli uomini sulle donne”. Partendo da quest’ottica, che era lontana anche per gli antifascisti perché vedevano ancora la donna come un qualcosa da preservare e proteggere, Giorgia Gabbellini narra come funzionava il rapporto tra Emilio e Joyce in un ambiente che non favoriva a pieno la parità di genere.
Joyce era una compagna militante per Emilio e viceversa. Non sussisteva una differenziazione di “ruoli” né casalinghi né politici. Il loro rapporto probabilmente era più complicato da leggere “dagli altri” che piuttosto per se stessi. Basti pensare che nel Centro Studi si sono rinvenuti scritti (come quelli di Salvemini) in cui si parla di J.L. come una donna indisponente, scomoda per l’appunto. D’altronde, J.L. era una donna straordinaria e coraggiosa, l’unica ad aver oltrepassato la frontiera, in un momento in cui era addirittura incinta.
Joyce Lussu ha tra l’altro sempre ripudiato la storia scritta dai potenti e con un’ottica patriarcale, che si appropria della visione del genere femminile, creando un divario sempre più grande tra uomo e donna. E sotto questo punto di vista, lei cerca di riscrivere la storia con un’ottica e atteggiamento differente, cercando un altro tipo di verità.
Ma per J.L. esistevano dapprima ‘gli ultimi’, i popoli che non avevano ancora raggiunto la propria libertà. Il 25 aprile per lei era una data nevralgica ma ‘persistente’ e cioè che non poteva limitarsi e doveva rinnovarsi ogni giorno. Aveva molto interesse nei confronti di quei popoli alla ricerca della propria autodeterminazione e liberazione, come quelli del Kurdistan.
È chiaro, non si può parlare di storia senza conoscere quel che si era e quel che si è attualmente. Il ragionamento ‘induttivo’ di J.L. attualmente utilizzato dagli studiosi era già applicato da J.L. negli anni ’60.
Joyce Lussu nasce a Firenze, ma passerà molto tempo della sua vita in Sardegna, la regione originaria di Emilio, una terra dimenticata, sconosciuta e immiserita dal fascismo. Ma la curiosità di Joyce la porta a voler sapere di più di questa regione. J.L. va in Sardegna dopo la guerra per conoscere la terra di suo marito, dato che Emilio Lussu gliene parlava sempre. Quella regione è ormai una terra lontana e cancellata dal fascismo. J.L. gira questa terra a cavallo ed in solitaria. Incontra molte donne delle quali scrive (nel libro L’olivastro e l’innesto) che avevano una grandissima forza e che pretendevano di essere parte della storia di riappropriazione di terra e di ‘spazio’ e presa di consapevolezza. J.L. aveva funzionato da microfono e da simbolo per quelle donne, che successivamente alla sua presenza cominceranno a vedersi, a fare politica.
Joyce si mette nelle vesti di “nonna narrante”, un abito che ha indossato anche prima della morte del suo amato Emilio, dove portava la sua storia, la sua testimonianza nelle scuole, tra i giovani, sostenendo le nuove generazioni che per lei risultavano essere una speranza per il futuro, ed ascoltando attivamente i loro bisogni. Cosa che al giorno d’oggi, tra decreti sempre più restringenti con la libertà di esporre delle problematiche è sempre più difficile.
Ma cosa si può imparare da Joyce Lussu? Qual è la giusta postura da assumere per non sovradeterminare i bisogni delle nuove generazioni o non invisibilizzarli?
Giorgia Gabbolini, da insegnante, specifica che si fa tanta fatica a parlare di tematiche politiche o comunque definite, oggi come oggi, scomode (Palestina o anche 25 aprile).
Dal canto suo, J.L. da donna imponente, giunonica, che si arrabbiava anche alla veneranda età di 80anni, specie con gli insegnanti, è un esempio di vita.
Sebbene si scontrava – anche veementemente – ascoltava con vivo interesse le istanze dei suoi studenti e studentesse che venivano sempre analizzate e magari comprese nei suoi scritti. Joyce registrava le istanze intergenerazionali di tutti e tutte, da scomoda com’era, si scontrava, litigava, ma poi alla fine, era una donna che non rimaneva mai passiva, nemmeno da anziana.